
20.09.07 L’area dello schianto sotto sequestro. Aperte inchieste militari e civili |
Soramaé presidiata dai militari |
In val di Zoldo decine di soldati Usa. Controllano la zona con i carabinieri ZOLDO ALTO. Soramaé è presidiata da militari statunitensi e forze dell'ordine italiane. Dopo l'incidente che martedì sera ha fatto schiantare un F-16 nei boschi a poche decine di metri dalle case (il pilota si è salvato paracadutandosi fuori), l'area attorno al punto di impatto è stata posta sotto sequestro dalla Procura della Repubblica di Belluno. La delimita un invalicabile nastro biancorosso che i carabinieri controllano a vista e i soldati Usa supervisionano con uno schieramento di mezzi e uomini cresciuto ieri di ora in ora. Non si può entrare fino al nulla osta della magistratura, non si possono avvicinare o tanto meno toccare i pezzi dell'aereo, né procedere con ulteriori rilievi ambientali (dopo quelli rassicuranti eseguiti "a caldo"). Gli abitanti del luogo guardano a distanza, mescolando la curiosità per un fatto che ha proiettato il paese al centro della cronaca e il sollievo all'indomani della grande paura. Ora, spazio alle inchieste, quella civile e quella militare, e attesa per le verifiche che possano definitivamente cancellare i timori di sostanze tossiche diffuse nell'aria, nel terreno e nei corsi d'acqua (un ruscello sfiora il cratere scavato dall'aereo precipitato). Il percorso del fascicolo aperto in Procura a Belluno correrà parallelo all'indagine gestita dal 31º Fighter Wing dell'aviazione Usa di stanza ad Aviano. Alle due inchieste, offre una consulenza tecnica lo staff del 51º Stormo dell'aeronautica italiana di Istrana, ieri rappresentato a Soramaé dal maggiore Francesco Morra. Ufficiale che si occupa della sicurezza dei voli, Morra ha spiegato che «siamo qui per studiare le cause tecniche dell'accaduto, non per indicare eventuali responsabilità o risarcimenti». E, al momento, la ricerca delle ragioni di un volo di esercitazione finito in incendio non è andata molto avanti rispetto alle ipotesi formulate martedì sera. «Non escludiamo alcuna possibilità», aggiunge Giancarlo Iannicelli, tenente colonnello del 51º Stormo, «come del resto facciamo sempre nel caso di incidenti che coinvolgano mezzi sofisticati come un F-16». Quindi, restano aperte le strade «del problema tecnico, dell'errore umano, dell'influenza meteo». La pioggia, il vento, il maltempo dell'altro ieri potrebbero essere una causa più che attendibile. Lo assicura ancora Morra: «Scariche elettriche, turbolenza e concentrazione di frammenti di ghiaccio che caratterizzato una formazione di cumulo nembi in tempesta sono condizioni che possono spaccare in due un F-16. Condizioni che i piloti di un aereo civile si guardano bene dall'affrontare e che grazie ad appositi radar sono sempre in grado di evitare. Gli apparecchi militari hanno strumentazioni diverse...» Il rischio meteo è una variabile e, talvolta, un grosso inconveniente. Di sicuro, non è in discussione l'affidabilità di un modello storico come l'F-16 («Velivoli supercollaudati», li descrive Iannicelli), né la manutenzione dell'esemplare caduto, titolare di un curriculum militare quasi ventennale e di primo piano. Più discussa, almeno ieri, è stata la definizione dei punti di partenza delle indagini militari, che vedono in gioco competenze italiane, statunitensi e Nato. Il dialogo fra ufficiali Usa e carabinieri, incontratisi a Soramaé, è stato scandito da una serie di delicati preliminari. Da parte Usa, infatti, si è subito cercato di capire «che genere di informazioni» venivano richieste sull'accaduto. Altre assicurazioni reciproche hanno riguardato la possibile composizione mista, italo-americana, della commissione d'inchiesta. Al centro dei primi scambi di battute, poi, c'è stata la sede del confronto fra le parti, con i militari italiani che insistevano per un faccia a faccia a Belluno e gli statunitensi più "convinti" dall'idea di gestire la vicenda ad Aviano. Infine, in discussione sono finiti i tempi. Le autorità italiane preferirebbero accelerarli (anche per scongiurare gli ultimi dubbi sui danni ambientali), l'Us Air force, invece, vuole andarci con i piedi di piombo. Non a caso, tra i 30-40 soldati catapultati sotto il Pelmo ieri mattina girava voce che la missione bellunese possa durare almeno quattro settimane. Prospettiva plausibile se si considera il dispiegamento di forze lievitato ieri mattina. Lungo la ripida strada che si stacca dalla 251, pick up e furgoni si sono arrampicati trasportando di tutto, dall'acqua al cibo, dal carburante, ai servizi igienici da campo all'equipaggiamento per fronteggiare le notti a 3, 4 gradi come da queste parti se ne sono già viste. Così, nel piazzale accanto alla casa di Franco Martini affittata per dare un tetto a una ventina di ufficiali, ecco la tenda e i primi briefing operativi, tra informazioni e disposizioni. Per il momento, Soramaé è solo stupito di fronte a tanta attenzione. |